
Hai paura torero?
‘’Noi due ci siamo incontrati all’incrocio di due storie che hanno fatto appena in tempo a stringersi la mano nel mezzo degli eventi’’.
Ho paura torero, testo di Pedro Lemebel in scena al Teatro Argentina con la regia di Claudio Longhi, è uno spettacolo di amore e rivoluzione, di satira e passione, di sovversione e oppressione. È la storia di un attentato fallito, quello del fronte patriottico Manuel Rodriguez contro il dittatore Pinochet e quello della Fata dell’angolo contro il ‘’macho marxista’’ Carlos.
Le canzoni di Lola Flores e di Violeta Parra si contendono la radio con i comunicati del Diario de Cooperativa che annunciano i progressi della rivoluzione; insieme riempiono i silenzi della grande Casa all’angolo con l'università dove vive la Fata, interpretata da un magistrale Lino Guanciale, un travestito passionale con un passato colmo di violenze e soprusi da cui è riuscito a scappare grazie al suo ‘’talento da aracnide’’, tanto amato dalle mogli dei generali come Doña Catita (Diana Manea).
Ricami, pizzi e orli non sono solo fonte di guadagno per la Fata; servono, infatti, a coprire, a mascherare quelle misteriose casse portate in casa da Carlos (Francesco Centorame), un giovane conosciuto all’Emporio che conquista subito il suo cuore. “Sono libri per l’università” le dice, ma la Fata capisce ben presto che si tratta di altro, anche se continua a fare la parte della stupida davanti al finto studente, aspettando che un giorno le spieghi cosa sta realmente accadendo.
Il silenzio della notte nasconde non solo i giovani rivoluzionari che si riuniscono segretamente nella soffitta della Casa, ma anche l’impossibile e straziante storia d’amore tra la Fata e Carlos, che prende vita in quei segreti d’infanzia, in quella luce soffusa delle candele, in quei desideri inconfessabili che si muovono tra la passione del sogno e la violenza della realtà quotidiana.
La presenza di Carlos è come una boccata d’aria fresca per la Fata che prima di incontrarlo poteva contare solo sulla radio e su due amiche lontane, La Rana (Michele dell’Utri) e La Lupe (Daniele Cavoni Felicioni), la sua famiglia. E così, tra giri in macchina, missioni segrete e feste di compleanno, la vita della Fata cambia radicalmente; inizia ad osare, ad interessarsi alla rivoluzione, a credere nelle proprie idee, a rispettarsi.

Ma nella Santiago della primavera 1986, una città piegata dalla dittatura, schiacciata dai pattugliamenti, che cerca di rialzarsi nonostante l’indolenza e la disperazione, a fare i conti con il destino non sono solo lei e Carlos; un’intera comunità di emarginati, di dimenticati, di invisibili, cerca di far sentire la propria voce, a partire dagli studenti universitari, fino alle famiglie dei desaparecidos che gridano giustizia, senza riuscire però ad oltrepassare quella barriera sonora che li divide dal potere.
Nemmeno la trionfante marcia Lilli Marleen riesce a coprire, infatti, la voce stridula di Doña Lucia (Sara Putignano), la snervante moglie del generale Augusto José Ramòn Pinochet Ugarte (Mario Pirrello) che prova a nascondere dietro i suoi occhiali da sole e la sua sua divisa sempre perfetta lo sdegno per una moglie superficiale e per un paese “ingrato”. I loro siparietti comici lasciano allo spettatore una risata più che amara: dietro la superficialità di lei, sempre alla ricerca dell’ultima moda per assomigliare alle grandi First Ladies europee, sotto consiglio del fedele Gonza, e nei sogni di lui, rivelatori di un’infanzia infelice e traumatizzata, si nasconde la vacuità umana, l’infinita sete di potere, l’assoluta convinzione di onnipotenza che non vacilla nemmeno davanti a un attentato fallito.
Le conseguenze non sono di certo quelle sperate dal fronte patriottico Manuel Rodriguez; il tentativo di liberazione da una dittatura opprimente provoca controlli ancora più rigidi, lo smantellamento di tutti i punti di raccoglimento del fronte, la caccia spietata ai rivoluzionari. L’unica soluzione è scappare e nascondersi, cosa che è costretta a fare anche la Fata, seppur controvoglia, da Laura (Giulia Trivero), la misteriosa compagna di Carlos che tanto l’aveva fatta ingelosire.
E così, dopo aver raccolto in due buste tutta la sua vita, lascia per sempre la Casa all’angolo, ormai completamente vuota, nella realtà come nella sua immaginazione; niente più casse, niente più ricami, niente più sogni, solo la bellissima vista su una Santiago che sembra immensa, vista da lassù. Un ultimo incontro con Carlos sulla spiaggia di Valparaìso è l’unica cosa che le viene concessa, un ultimo pranzo prima di partire alla volta di un futuro incerto su un taxi qualunque, con l’unica certezza che, nonostante tutto, rimane: la musica.
Vittoria Ferraro Petrillo