GUERRA E PACE
 Tutto è bene quel che finisce bene…

Con questo riadattamento di Guerra e pace, Luca de Fusco e Gianni Garrera portano in scena uno dei più grandi capolavori di Tolstoj e dell’intera letteratura russa di fine ‘800, con tutte le difficoltà che implica trattare un soggetto così imponente nella sua matericità e nel suo significato. I fragili e instabili equilibri tipici di una guerra fanno da sfondo a quelli altrettanto complicati che caratterizzano le relazioni umane; tra amore, amicizia e famiglia le storie dei personaggi si intrecciano e si sviluppano in una realtà passata eppure ancora oggi significativamente presente. 

 

“Al culmine della Storia ci sono belle morti. La pace prolungata rende infelici gli uomini. La pace invecchia. E si deve combattere per una nuova. Il futuro è dei violenti.” Pamela Villoresi, interprete di Annette, apre così lo spettacolo e in qualche modo guida lo spettatore in questo frenetico evolversi di sentimenti e situazioni, personali e politiche, che nasce dalla guerra contro Napoleone, una figura quasi spettrale che vive nei pensieri e nelle parole di coloro che in un modo o nell’altro sono condizionati dalla sua presenza e dalle sue azioni.  

 

Sulle macerie di un casa che già preannunciano l’ironica tragicità del finale, vediamo giovani innamorati dell’amore così come della morte, figlie devote a un padre come se fosse un dio, uomini senza scrupolo e pieni di cinismo, combattenti che idolatrano la guerra, le sue regole e il suo codice d’onore solo per paura della pace, o meglio della noia che a un uomo essa porta. Vediamo storie che si incontrano, si intrecciano, si ritrovano in un vitalismo quasi irragionevole, che sembra non vedere quanto sia vicina la guerra, fin quando non è accecato dal rosso delle sue fiamme. 

Proiezioni e sovrapposizioni rendono lo spettacolo a tratti cinematografico e si rivelano fondamentali nel dare concretezza ai pensieri o ai racconti dei personaggi; le battaglie, infatti, prendono forma solo attraverso quei valorosi cavalieri che continuano (quasi disperatamente) a prestarsi alla causa, per fuggire dalla noia di una satura quotidianità. In tal modo la guerra resta sempre sospesa in una realtà aleatoria, distante soprattutto dal mondo femminile, che ne subisce le conseguenze solo per vie indirette, cioè tramite il mondo maschile. 

 

Perchè la “guerra è maschile” e Annette non manca di ricordarlo agli spettatori: lei che è incarnazione della Pace, mentre rivendica il carattere pacifista del proprio sesso, si destreggia tra intrighi e pettegolezzi con la meastria che solo una grande donna come lei può avere, talmente superiore che nessuno si è sentito all’altezza di sposarla. Insieme a lei, un’altra figura ha il compito di riportare alla realtà i ferventi animi giovanili; si tratta del vecchio generale Kutùzov che sfruttando la rigidità del durissimo inverno russo e non avanzando all’attacco, riesce a sconfiggere Napoleone. 

 

Così, mentre il più grande condottiero della storia moderna cade vittima della natura, quell’euforia accecante, quasi infantile, per la battaglia porta alla morte alcuni dei soldati più valorosi dell’esercito russo, come Andrej e Anatolij; coloro che fin da bambini sognavano la guerra, che giocavano a scappare, a rincorrersi, a cadere morti nel giardino di casa come poi sul campo di battaglia, adesso non possono fare altro che arrendersi proprio a quella pace che tanto fuggivano in vita, senza più alcuna via di uscita.

 

A guerra finita, a godere della vittoria russa restano ormai in pochi; tra chi soffre per un amore perduto e chi si prepara a una nuova vita, il futuro prende forma nell’unione inizialmente improbabile di due personaggi, Nataša e Pierre. Perchè non importa quanto sia difficile andare avanti quando tutto sembra essersi ridotto in macerie, non conta quanto la realtà delle cose sia dura da affrontare quando è così diversa da ciò che avevamo sognato, “la vita è tutto” e “tutto è bene quel che finisce bene”, sempre ammesso che finisca…

 

 

Vittoria Ferraro Petrillo