LOLIT* SIAMO NOI - Dialogo con il contemporaneo tra corpo e parola
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LOLIT* SIAMO NOI
Dialogo con il contemporaneo tra corpo e parola
Un cerchio di stoffa rossa al centro del palco accoglie il pubblico nella sala del Teatro India: è il ring, fisico e immaginario, lo spazio definito e delineato dove gli attori e le attrici della compagnia Biancofango lottano dal primo all’ultimo momento dello spettacolo. Una docu-performance che parte dall’immagine di Lolita di Nabokov per arrivare a fotografare il mondo contemporaneo e le sue dinamiche in modo sincero e mai, neanche per un attimo, moralista. Come dialogare con il nostro tempo tramite il corpo e la parola? Questa la domanda su cui poggia l’impianto artistico dell’intero spettacolo: lì dove la parola inciampa, si incastra, o semplicemente non basta, entra in gioco il corpo, un corpo curioso, frenetico, conturbante, che si guarda intorno e cerca risposte, che vuole esistere e occupare finalmente uno spazio proprio.
Un corpo che vuole essere visto, un corpo che per quanto disordinato e scomposto grida in faccia a tutti la vita.
L’ultimo lavoro di Biancofango (in scena al Teatro India dal 13 al 17 novembre), fa parte di quella che la regista e drammaturga Francesca Macrì definisce una “costellazione poetica” dedicata al tema di Lolita: una serie di progetti che dal 2019 nascono e si sviluppano intorno alla protagonista femminile del celebre romanzo di Nabokov.
Ed è proprio durante il talk con gli artisti che la regista ci ricorda come l’arte, per esistere e resistere, abbia il bisogno viscerale di dialogare con il proprio tempo: nello spettacolo di Francesca Macrì e Andrea Trapani Lolita è infatti solo uno spunto, la scintilla iniziale che permette poi di costruire e raccontare un’autobiografia della nostra nazione. Si è quindi catapultati nell’Italia degli anni novanta, l’Italia di Tangentopoli e Mani pulite, delle stragi di mafia, dei maxiprocessi, della “discesa in campo” di Berlusconi, della fine della Prima Repubblica, delle ragazze di Non è la Rai. L’inizio di una società che si porta dietro l’utilizzo improprio e sfacciato della comunicazione mediatica, l’ipersessualizzazione dei corpi e la loro esposizione virtuale, il processo di una sempre maggiore spettacolarizzazione della politica e di una intrinseca paura del tempo che passa, della vecchiaia quindi rifiutata e allontanata in ogni modo.
Se durante lo spettacolo inizialmente a prevalere è l’ingenuo divertimento dello spettatore davanti alla critica sociale e politica (anche grazie ai numerosi riferimenti alla cultura pop e al coinvolgimento del pubblico), ben presto comincia a diffondersi tra le poltrone una consapevolezza concreta di essere parte integrante dei meccanismi e delle dinamiche che vengono messe sotto esame. Nessuno può pensare di non fare parte di ciò che viene raccontato in scena, nessuno è assolto: tutti sono, in qualche modo, creatori e vittime dello stesso sistema.
Sul palco, ad accompagnare gli attori professionisti (Andrea Trapani, Marco Gregorio Pulieri, Irma Ticozzelli, Sara Younes, Cristian Zandonella), un coro di cittadini e cittadine over 60: trovati di volta in volta in città diverse tramite call pubblica, sono la voce di una generazione che ammette le proprie colpe, la propria poca lungimiranza e attenzione nei confronti dei più giovani. Si compie così un ballo che è in realtà una lotta surreale, uno scontro grottesco tra ragazzi che non vedono l’ora di diventare grandi e adulti che si inventerebbero qualsiasi cosa pur di sembrare ancora giovani.
Alla domanda “Dov’è Lolit* oggi?” Biancofango risponde attraverso una drammaturgia attoriale che tiene il pubblico con il fiato sospeso, inebriato e colpito dall’universo immaginifico che ogni singolo performer porta in scena, con una sua propria forza, una sua propria autorialità. Il materiale documentaristico è pian piano accompagnato da una lunga distorsione corporea che crea continue immagini “poetico-visionarie”: ogni singolo gesto, anche il più piccolo e apparentemente insignificante, si appropria di un’energia evocativa e poetica che rompe la dinamica del reale e diventa, semplicemente, autentica.
Lolit* abbraccia con forza qualsiasi tipo di definizione, attraversa ogni epoca, coinvolge tutti.
Lolit* siamo noi, noi che viviamo degli sguardi degli altri, noi che abbiamo imparato a guardarci attraverso il filtro dei media.
Lolit* siamo noi, preadolescenti e adolescenti, che iniziamo ad accorgerci degli sguardi altrui e ce li portiamo dentro tutta la vita.
Lolit* siamo noi, più o meno consapevoli del potere che il nostro sguardo esercita sugli altri.
Lolit* siamo noi, giovani e vecchi, accomunati da un desiderio transgenerazionale e che nulla ha a che vedere con l’età anagrafica, quello di essere visti, di essere guardati, amati. Desiderati.
Lolit* siamo noi, attori e spettatori, un gruppo di persone che si guardano e fanno dell’essere visti, dell’essere guardati, una necessità.
Perché la vita, come il teatro, è un problema di sguardi.
di Anna Cipriani
Note a margine di Never Young
Esiste davvero una soglia che separa l’età adulta da quella infantile?
E’ indubbio, ogni giorno ci imbattiamo in questioni che indagano la nostra età e le differenze tra noi e chi è più giovane o anziano di noi. Con gli anni il corpo cambia, si rivela un’entità sorprendente o decadente e ci rivela qualità inaspettate o indesiderate. Naturalmente anche la nostra psiche si trasforma: il pensiero evolve, - o forse regredisce? - stati d’animo impensabili ci bussano alla porta prepotenti e altri in silenzio ci abbandonano; persone con le quali eravamo in sintonia le vorremmo estranee mentre estranei suscitano curiosità.
Se immaginassimo di rimuovere il retaggio e le esperienze che in modo estremamente personale caratterizzano tutte le diverse esistenze, perché un bambino non potrebbe condividere alcuni sentimenti con un adulto; un adolescente vivere dei turbamenti di un anziano; un millennial desiderare ciò che un boomer desidera?
In una società che fissa una moda quando ancora la precedente non è stata scardinata, dove la rappresentanza politica è sempre più estrema ed estremizzata e i mezzi di comunicazione spesso incompleti quindi soggetti a revisioni in termini di qualità ed efficacia, l’individuo ha la necessità di fissare dei punti di riferimento e ancorarvisi, ora tenacemente ora transitoriamente, e laddove ci fosse la possibilità andare più a fondo e poter prendersi cura.
L’invito, lasciandoci alle spalle l’interpretazione anagrafica e ordinaria dell’età, è quello di immaginare un luogo (o non luogo) dove gli esseri umani per qualche istante possano essere più vicini e, secondo una visione ottimista, aiutarsi e valorizzarsi oppure attuare manipolazioni e sferrare provocazioni pensando al più negativo tra i possibili futuri. Qualcuno ha detto social media?
Francesco Baldoni